Francis Bacon o del dolore che dà il potere

Francis Bacon trovò in The Painter on the Road to Tarascon (1888) di Vincent van Gogh non solo un’immagine, ma una visione potente, che definì come un «phantom of the road» (“fantasma della strada”)  . Il dipinto originale, purtroppo distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, giunse a Bacon attraverso una riproduzione a colori, probabilmente un frontespizio di un volume della Phaidon del 1936. Tra il 1956 e il 1957, Bacon realizzò una serie di dipinti ispirati a quel Van Gogh perduto — almeno nove grandi opere secondo gli studi più recenti . In queste variazioni, Bacon intensificò i colori, accostando pennellate energiche e dense, ispirate tanto a Van Gogh quanto a Chaïm Soutine. Studi come Study for Portrait of Van Gogh IV mostrano un paesaggio incline verso l’alto e figure isolate, immerse in ombre opprimenti, che amplificano il senso di isolamento e angoscia.

La critica contemporanea ha osservato nei dipinti di Bacon non solo l’eco del gesto gestuale e del colore incendiario di Van Gogh, ma anche una riflessione sulle fragilità emotive dell’artista, un’identificazione speculare tra due figure tormentate dalla solitudine e dall’incomprensione  .

Però il quadro che mi rimase più impresso di Bacon è questo qui. Non credo che in pittura ci sia un modo più forte di rappresentare il dolore, l’angoscia, la solitudine del potere, la distorsione che il potere genera nelle persone.

La complessità

William Turner, 1842, La tempesta di neve. Battello a vapore a largo di Harbour Mouth.

Turner è un altro di quei pittori che ho sempre amato. E mi rendo conto che quando esco dal Novecento e vago per altre epoche, poi ciò che porto a casa è sempre un quadro del Novecento. Questa immagine la userò come copertina di un prossimo libro sulla complessità della comunicazione umana. Perché per me questo quadro rende conto delle relazioni umane, più che di un battello in balia di una tempesta di neve. O, forse, quella è lo nostra condizione perenne.

Lettere a Theo, un epistolario eccezionale

La raccolta (parziale) delle lettere che Vincent ha inviato a Theo negli anni è un documento eccezionale per comprendere non solo il senso della pittura di Van Gogh, ma la sua straordinaria personalità, troppo in anticipo sui tempi per il suo secolo, troppo legata ai suoi tempi per dove stava andando la pittura. Van Gogh non è stato solo un grande pittore, ma soprattutto una grande persona e, cosa che forse non si è detta abbastanza, un grande scrittore.

Se la vita non ha preso il sopravvento su di voi, forse avete modo di leggere, di tanto in tanto, le lettere di Vincent, quasi 900, in originale (con traduzioni), sul sito che le mette a disposizione di tutti.

Joshua Reynolds, Mrs. Abington (1771)

Mrs. Abington as Miss Prue in “Love for Love” by William Congreve *oil on canvas *76.8 x 63.8 cm *1771

La prima volta che vidi questo ritratto fu su un grande schermo, durante la lezione di Storia dell’Arte. Quando apparve, ricordo mi stavo quasi addormentando e poi questo ritratto, dritto, puntuto e sfrontato, così Settecento e pure così moderno, così diverso da quello che avevo fin lì visto. Non ho più dimenticato quella forza, quella energia. Su Joshua Reynolds (e Mrs Abigton)

Giandomenico Tiepolo, Il mondo nuovo (affresco, 1791)

Mi ha sempre affascinato questo affresco (staccato) in cui si rappresenta tutta una folla di spalle. La raffigurazione da dietro ha una sua costante e imperterrita tradizione (cfr. Eleonora Marangoni, Viceversa. Il mondo visto di spalle), e qui tocca un vertice secondo me di notevole fattura visto anche il periodo e soprattutto il senso ironico, melanconico che questo affresco ha. Su Il Mondo nuovo

Umberto Boccioni, Stati d’animo (1911)

Stati d’animo: gli addii – prima versione- 1911 (MoMa, New York)

Stati d’animo: quelli che vanno – prima versione- 1911 (MoMa, New York)

Stati d’animo: quelli che restano – prima versione- 1911 (MoMa, New York)

Tra le opere d’arte che mi hanno sempre colpito e ispirato c’è il trittico dipinto da Boccioni nel 1911. Soprattutto la prima versione, più semplice, quasi naif. La pittura, così come la scultura, di Boccioni mi ha sempre colpito molto. Al netto della retorica futurista, abbandonabile, ciò che resta di questo pittore-scultore, morto troppo presto e per una guerra tanto esaltata quanto crudele, sono opere memorabili che lasciano un segno inconfondibile.